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La terapia dialettico-comportamentale (DBT)

Cos’è

La terapia dialettico-comportamentale (Dialectical Behavior Therapy – DBT) è un trattamento di matrice cognitivo-comportamentale sviluppato a partire dagli anni ’90 da Marsha Linehan, professore di Psicologia Clinica presso la Washington University di Seattle (USA).

Si tratta di un protocollo altamente strutturato in cui i terapeuti e i pazienti instaurano una relazione cooperativa e si impegnano reciprocamente, con ruoli e compiti differenti, nel conseguimento degli obiettivi della terapia.

 

 

Target del trattamento

La DBT è inclusa nelle linee guida dell’American Psychiatric Association (2001) e nelle Linee Guida NICE (2009) tra le terapie “evidence based” per il trattamento del Disturbo Borderline di Personalità.

Nel corso del tempo la terapia è stato adattata ad altre condizioni psicopatologiche nelle quali la disregolazione emotiva assume un ruolo fondamentale, quali, ad esempio, i Disturbi dell’Alimentazione (Bulimia, Disturbo da Alimentazione Incontrollata), la dipendenza da sostanze e da alcool, la suicidarietà nell’adolescenza e la depressione resistente al trattamento.

Più in generale, quindi, le dimensioni problematiche a cui mira tale trattamento comprendono:

  • disregolazione emotiva (es. rapide oscillazioni dell’umore, difficoltà nella gestione della rabbia, carenza di emozioni positive, persistenti stati emotivi disturbanti come tristezza, rabbia, vergogna, ansia e senso di colpa);
  • disregolazione interpersonale (es. presenza di relazioni caotiche, timore dell’abbandono, isolamento sociale, conflitti familiari cronici, ecc.);
  • disregolazione del sé (es. difficoltà nel mantenere un’idea stabile della propria identità, senso di vuoto e dissociazione);
  • disregolazione comportamentale (es. comportamenti impulsivi, presenza di atti autolesivi, condotte suicidarie, abbuffate, abuso di farmaci e/o alcool e/o sostanze stupefacenti, comportamenti rischiosi via internet, ecc.);
  • disregolazione cognitiva (es. modalità di pensiero bianco/nero o tutto/nulla, invalidazione di se stessi e degli altri).

 

 

I principi della DBT

La DBT si fonda sulla teoria biosociale secondo cui la difficoltà nella regolazione delle emozioni tipica di alcune persone è il risultato di:

  • fattori temperamentali che comportano un’elevata vulnerabilità emotiva, ovvero un’alta sensibilità agli stimoli emozionali a cui conseguono risposte comportamentali estreme e un lento ritorno ad una condizione emotiva più tollerabile;
  • fattori ambientali, ovvero il cosiddetto “ambiente invalidante”, un ambiente che, per motivi differenti, ha negato, trascurato, sminuito e/o ridicolizzato le emozioni della persona nelle fasi precoci di sviluppo.

Uno dei principi cardine della DBT è la validazione, un processo che permette di osservare e riconoscere come “validi” i propri bisogni e stati emotivi e di conseguenza di comprendere il significato del proprio comportamento alla luce del contesto in cui si realizza.
Il trattamento DBT mira a un continuo bilanciamento tra i concetti di accettazione, che consente di accogliere le proprie emozioni senza che siano giudicate, minimizzate, banalizzate ecc., e cambiamento, che permette di modificare pattern automatici ed interrompere il ricorso impulsivo e/o automatico a comportamenti o processi cognitivi problematici.
L’obiettivo centrale della DBT è quello di sostituire i comportamenti problematici, disadattivi o poco funzionali con risposte più efficaci per gli obiettivi dell’individuo.

 

 

L’equipe di lavoro

Il lavoro in team di consultazione (equipe terapeutica) è un elemento fondamentale nella strutturazione del trattamento dialettico-comportamentale. Permette infatti ai curanti di ritagliarsi spazi di confronto sui pazienti presi in carico congiuntamente e di ragionare in gruppo sul monitoraggio dell’applicazione delle abilità insegnate (skills), sulla risoluzione di situazioni di crisi che possono insorgere nel corso del trattamento e sul mantenimento della motivazione durante tutto il percorso terapeutico. Un team di consultazione DBT solitamente è costituito da psicologi, psicoterapeuti e psichiatri (a volte anche nutrizionista ed educatore) con i seguenti ruoli:

  • Terapeuta individuale: segue il paziente nel percorso terapeutico individuale, assegna gli esercizi terapeutici da svolgere a casa, stila il Contratto di cura e il Piano di gestione della crisi e gestisce le situazioni di crisi rendendosi reperibile per la consulenza telefonica di urgenza. In caso il paziente non fruisca di uno Skills Training di gruppo, è colui che insegna le abilità DBT nel setting individuale.
  • Case Manager: responsabile dell’intero processo di cura e degli aspetti organizzativi dello stesso. Monitora l’andamento del percorso, il raggiungimento degli obiettivi e gli eventuali ostacoli, valuta l’inserimento di possibili trattamenti aggiuntivi e coordina il rapporto con eventuali Servizi territoriali esterni o altri interlocutori di cura. Tale ruolo solitamente è ricoperto dal terapeuta individuale.
  • Farmacoterapeuta (psichiatra): somministra e monitora il trattamento farmacologico mirato alla riduzione del quadro sintomatologico in atto (es. disturbi del sonno, umore depresso, stati ansiosi, effetti di droghe e/o alcool ecc.), qualora fosse una condizione necessaria per sostenere il percorso psicoterapeutico e/o migliorare la qualità di vita del paziente durante il trattamento. Aiuta il paziente nella gestione delle comorbidità organiche e si interfaccia con i Servizi territoriali preposti in caso il paziente necessiti di un ricovero al fine di effettuare il passaggio di consegne della farmacoterapia.
  • Skills Trainer (Leader dello Skills Training di gruppo): insegna le abilità DBT in contesto di gruppo con l’ausilio del Co-leader e ne monitora l’applicazione.

 

 

 

Fasi della presa in carico terapeutica

1. Valutazione Psicodiagnostica
Questa fase serve al fine dell’inquadramento psicodiagnostico e della concettualizzazione del funzionamento del paziente. Attraverso 2-3 colloqui clinici, la somministrazione di test psicodiagnostici e di interviste semi-strutturate si valuta il quadro sintomatologico e personologico dell’individuo ed il suo funzionamento generale nelle varie aree (affettiva, identitaria, interpersonale, scolastica/lavorativa,ecc.).

Al termine della valutazione viene effettuato un incontro di restituzione, in cui al paziente viene restituito il suo funzionamento, definite insieme le aree o dimensioni problematiche e una prima bozza degli obiettivi di lavoro terapeutico (in ordine di priorità) e, dove sussistono i criteri, effettuata una diagnosi (di tipo categoriale e dimensionale). Si stabilisce inoltre se il percorso terapeutico potrà essere svolto in modalità telematica o esclusivamente in un setting presenziale.

 

2. Pre-trattamento
Il paziente viene inviato al professionista che si ritiene essere il più idoneo per la presa in carico terapeutica individuale d inizia la fase di pre-trattamento.

In questa fase si orienta il paziente al trattamento, si danno maggiori informazioni sulla sua struttura e si costruisce l’impegno a frequentarlo (commitment), si definiscono ulteriormente in maniera condivisa obiettivi terapeutici specifici, concreti e misurabili, viene contrattata l’adesione agli esercizi terapeutici da svolgere a casa e discusso l’inserimento di altri eventuali interlocutori di cura.

In questa fase si delinea il Contratto di cura, un documento che consente di condividere con il paziente le aree problematiche e gli obiettivi terapeutici (in ordine gerarchico di importanza) su cui viene impostato il trattamento ed in cui vengono illustrati gli adempimenti a cui il paziente, i professionisti coinvolti ed eventuali familiari si impegnano ad aderire (ad esempio, frequenza delle sedute, regole del setting di cura, trattamento farmacologico, collaborazione con servizi territoriali esterni, coinvolgimento di caregiver, ecc.). Il Contratto di cura può essere accompagnato da un Piano di gestione delle crisi, in cui il terapeuta e il paziente concordano modalità, strategie di fronteggiamento e piani di azione per affrontare situazioni particolarmente problematiche (es. urgenze ed emergenze).

 

3. Trattamento
La frequenza degli incontri viene stabilità a seconda delle necessità specifiche, ma solitamente è a cadenza settimanale. Il trattamento standard prevede un percorso di terapia individuale ed uno Skills Training individuale o di gruppo.

  • Terapia DBT individuale

L’obiettivo primario del percorso individuale è di aumentare il monitoraggio sui propri stati emotivi e comprendere i nessi emozioni-pensieri-comportamenti al fine di interrompere i comportamenti problematici legati alla difficoltà di riconoscere, tollerare e/o modulare le emozioni. Il paziente si impegna nello svolgimento di esercizi terapeutici a casa (es. ABC, catena comportamentale, esposizioni, ecc.) che permettono di monitorare le reazioni emotive a quegli stimoli che sono percepiti come attivanti (trigger) e che esitano in agiti comportamentali. Scopo finale è apprendere abilità più funzionali per la regolazione emotiva, sostituirle ai comportamenti problematici con un conseguente miglioramento della qualità di vita.

  • Skill training individuale

Lo Skills Training è un percorso focalizzato sull’apprendimento di abilità da utilizzare e generalizzare nel proprio contesto di vita. Le abilità sono strutturate in moduli personalizzabili in base alle necessità del paziente. Sono divise in 4 categorie:

ABILITA’ DI MINDFULNESS: pratiche formali ed informali (atteggiamento mentale, esercizi e meditazioni) per aumentare la consapevolezza dei propri pensieri, stati emotivi e sensazioni fisiche da accettare con un atteggiamento non giudicante ed improntato al qui ed ora.

ABILITA’ DI REGOLAZIONE EMOTIVA: per apprendere strategie utili a riconoscere e regolare le proprie emozioni, comprenderne la funzione e le tendenze alle azioni che sollecitano e ridurre la vulnerabilità alle emozioni più sgradevoli.

ABILITA’ DI TOLLERANZA DELLA SOFFERENZA: per gestire le situazioni di crisi (emozioni estremamente intese) evitando di agire comportamenti problematici.

ABILITA’ DI EFFICACIA INTERPERSONALE: per essere più efficaci nella comunicazione e nel rapporto con gli altri, migliorando la capacità di conseguire i propri obiettivi, mantenendo le relazioni e il rispetto di sé.

 

Interventi supplementari

per essere più efficaci nella comunicazione e nel rapporto con gli altri, migliorando la capacità di conseguire i propri

  • Skills training di gruppo

E’ un percorso presenziale alternativo allo Skills Training individuale che permette l’acquisizione delle abilità in contesti di gruppo, al fine di ricevere sostegno e validazione da parte dei partecipanti e scambiarsi esperienze rispetto ai temi oggetto di apprendimento.

Lo Skills Training di gruppo è condotto dallo Skills Trainer o Leader, che insegna le abilità, affiancato da un Co-leader che media i rapporti all’interno del gruppo, si rende disponibili per gestire eventuali criticità individuali e coadiuvare nella revisione dei compiti terapeutici assegnati.

La frequenza degli incontri viene stabilità a seconda delle necessità specifiche, ma solitamente è a cadenza settimanale per incontri di 1,5 ore per una durata di massimo 3 mesi.

  • Psicoeducazione dei famigliari (genitori, partner, ecc.)

Intervento finalizzato a fornire ai famigliari una cornice teorica per comprendere il funzionamento specifico del paziente ed i meccanismi sottesi alla disregolazione emotiva, in modo da acquisire strategie volte a evitare l’invalidazione, imparare ad attuare comportamenti più efficaci ed a sostenerlo nell’applicazione delle abilità apprese.

La frequenza degli incontri viene stabilità a seconda delle necessità specifiche, ma solitamente è a cadenza bimensile.

  • Farmacoterapia

Intervento da integrare per coadiuvare la terapia individuale nella gestione degli aspetti sintomatologici in atto (es. ansia, depressione, ideazione paranoide, ecc.), che potrebbero configurarsi come ostacoli nello svolgimento di un percorso psicoterapeutico, nell’apprendimento e nell’applicazione delle abilità per la regolazione emotiva e, non meno importante, per la qualità di vita del paziente.

 

 

Reperibilità telefonica e gestione delle urgenze

La reperibilità telefonica è un intervento standard della DBT ed il paziente può fruirne secondo specifiche regole che vengono concordate nella fase di pre-trattamento.

La consulenza telefonica ha caratteristiche diverse sulla base dell’effettiva urgenza della richiesta da parte del paziente. Possiamo infatti suddividere le richieste di contatto in tre livelli di urgenza differenti:

  • EMERGENZA: il contatto avviene per situazioni di rischio per l’incolumità di sé o di altri. In questo tipo di situazione il paziente, dopo aver provato ad applicare in autonomia le abilità previste dal suo Piano di gestione della crisi, può contattare il terapeuta al solo scopo di essere coadiuvato:

– nel comprendere quali aspetti dell’applicazione delle abilità non sono stati efficaci,

– nello stimolare ulteriormente l’applicazione delle abilità,

– nella messa in sicurezza. Può altresì contattare le persone che ha inserito nel Piano di gestione della crisi nel caso il terapeuta non sia immediatamente reperibile, e si impegna anche a contattare i Servizi di Pronto intervento.

  • URGENZA: il contatto avviene per situazioni di crisi impellente che il paziente non riesce a gestire in autonomia ed in cui, in preda allo stato emotivo, potrebbe agire i comportamenti disfunzionali che sono i target del percorso terapeutico (es. autolesionismo, abuso di sostanze, abbuffate). Come per l’emergenza il paziente può contattare il terapeuta solo:

– dopo aver provato a mettere in atto senza successo le abilità concordate nel Piano di gestione della crisi,

– prima di aver agito il comportamento disfunzionale.

In DBT, infatti, il terapeuta non può fornire supporto tramite contatto telefonico per 24 ore qualora sia stato già messo in atto da parte del paziente un comportamento disfunzionale (“regola delle 24 ore”). Questa regola, che nasce dagli studi sul comportamentismo, serve da stimolo aversivo per il paziente. Infatti, ottenere conforto ogni volta che si è compiuto un comportamento disfunzionale dà un implicito rinforzo positivo al comportamento problematico, aumentando di conseguenza la probabilità che il comportamento si ripeta ed ostacolando i tentativi autonomi di applicazione delle abilità.

  • COMUNICAZIONE ORDINARIA: serve a gestire gli aspetti ordinari della terapia (spostamenti eventuali della seduta, comunicazione di eventuali ritardi, etc.).

Tale gerarchia dei livelli di intervento ed i conseguenti adempimenti del professionista a riguardo servono a gestire efficacemente i contatti evitando di sviluppare o aumentare la dipendenza del paziente dal terapeuta. Lo scopo della terapia, infatti, è che egli impari ad autoregolare i propri stati emotivi. Il terapeuta deve quindi fungere solo da stampella per la gestione delle crisi nei momenti strettamente necessari e, in situazioni di emergenza o urgenza, non fornirà rassicurazioni al paziente né fungerà da eteroregolatore emotivo.

Ogni terapeuta stabilisce con il paziente gli orari di reperibilità base (solitamente ore 9.00- -20.00), ma si impegna a rispondere il prima possibile nelle situazioni di emergenza ed urgenza (fatto salvo per la notte in cui il paziente deve contattare direttamente i Servizi di Pronto Soccorso), mentre le comunicazioni ordinarie verranno gestite a discrezione del terapeuta in tempistiche più dilatate. Il paziente di conseguenza si impegna a comunicare con chiarezza il livello di intensità della richiesta e ad accettare e seguire le regole riguardanti la consultazione telefonica.

 

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